GLI ANNI DELLA LEGGEREZZA – Elizabeth Jane Howard

Voto: 3/5

Famiglia super numerosa si riunisce per l'estate e... basta. In realtà non c'è una vera trama, leggendo non facciamo altro che spiare la quotidianità di tutte queste persone, minacciata dalla possibilità che scoppi la guerra, ma nel frattempo non succede granché. Non è un difetto: anche se la trama non è delle più emozionanti, la lettura è molto piacevole e coinvolgente.
Protagonista della storia è la famiglia, nel caso specifico una famiglia molto numerosa che tuttavia non sembra pesare a nessuno. Sotto sotto, i suoi membri covano rancore e risentimento, eppure nessuno odia gli altri, nessuno sente il bisogno di fuggire e darsi alla macchia. Tranne forse Sid che, però, non fa parte della famiglia Cazalet.
Insieme alla famiglia – una famiglia di questo tipo, che vive negli anni '30-'40 –, inevitabilmente tocca affrontare il matrimonio, i compromessi, l'opportunismo, l'etichetta, il dovere, l'amore, la sessualità e in generale il rapporto con il corpo. E, visto il periodo storico, la guerra e la paura.
I personaggi di questa storia sono, sin dalle prime pagine, disegnati talmente bene che ho avuto l'impressione di conoscerli e, nonostante siano un bel po', non ho incontrato nessuna difficoltà a riconoscerli o a ricordarmi di loro, se non in rari casi (ma erano le domestiche). Alcuni personaggi, e parlo soprattutto dei bambini, sono divertenti e mi hanno fatto sorridere più volte, almeno nella prima parte, mentre episodi con solo adulti li ho trovati più noiosi. Visto il numero, comunque, è piuttosto difficile fare un'analisi completa dei personaggi.
Partiamo dalla famiglia di Hugh, il più interessante e simpatico dei fratelli. La coppia Hugh-Sybil è quella meno triste. Sembra che si amino, anche se hanno qualche problema di comunicazione che potrebbe essere facilmente risolvibile, ma loro non lo risolvono. Neanche ci provano, perché non se ne rendono conto. Nel complesso, però, il loro matrimonio è felice o almeno sensato, rispetto agli altri. Anche i loro figli sembrano relativamente normali, anche se Polly sembra auto-destinarsi a una vita da gattara.
Molto peggio è messa la famiglia di Edward. Il suo matrimonio con Villy è penoso, ma del resto a essere penoso è lui. Un personaggio davvero viscido e disgustoso, anche se certi avvenimenti restano in sospeso e non ho capito perché; io avrei voluto conoscere l'evoluzione della situazione. Come se non bastasse il suo viscidume, ha anche dei figli antipatici quasi quanto lui. Louise che fa la leader e "si sente sperta", come si suol dire dalle mie parti; Teddy, che io personalmente prenderei a sprangate sui denti, arrogante e prepotente come il padre, anche se in maniera più infantile. Lydia alla fin fine si salva o almeno, vista la sua età, le concedo il beneficio del dubbio: potrebbe sempre migliorare. In tutto questo la povera Villy mi ha fatto molta pena, con un marito e dei figli del genere. Ci credo poi che si deprime.
Sulla famiglia di Rupert non c'è molto da dire. L'unico personaggio degno di nota è Clary, che io ho trovato commovente e che è il mio personaggio preferito in assoluto, con la sua solitudine e il suo desiderio di piacere, di essere indispensabile per il padre, di essere amata.
Resta Rachel, e onestamente non ho capito se mi piace o no. L'amore tra lei e Sid mi è sembrato il più autentico, ma lei è eccessivamente altruista. Non che sia un male, ma gli eccessi in genere non mi piacciono. Se l'altruismo ti fa mettere da parte la tua vita e le persone che tengono a te, magari stai facendo del bene, ma stai facendo anche del male.
Ci sarebbe poi la famiglia di Jessica, sorella di Villy, ma anche qui non mi pare ci sia molto da dire. Mi è piaciuto Christopher, che si sforza di essere buono e ha una coscienza. Non mi è piaciuta per niente Angela, ma se ne parlassi dovrei insultarla, quindi mi fermo qui.
Quello che sottolineerei, in tutto questo, è che, a parte Hugh, nessuno mi ha dato la sensazione di amare i propri figli. Del resto è comprensibile, e anche molto verosimile.
Come ho detto all'inizio, ho trovato lo stile molto scorrevole e coinvolgente e, soprattutto nelle prime pagine, mi è sembrato di guardare un episodio di Downton Abbey. La serie non mi è mai piaciuta in realtà, quindi non è un paragone molto azzeccato perché invece questo libro, nel complesso, mi ha abbastanza soddisfatto. Mi ha fatto riflettere soprattutto sull'amore familiare, che per me è una cosa inesistente. Mi sembra davvero assurdo che possano esistere famiglie in cui tutti siano così contenti di stare insieme. E mi ha fatto riflettere anche su come crescendo si vada peggiorando, su come il dolore si trasformi in cattiveria. Parlo soprattutto di Clary, personaggio in cui, se non si fosse capito, un po' mi rivedo.
Devo dire purtroppo che, nonostante tutto, a volte ho perso il filo del discorso e non capivo più di quale personaggio si stesse parlando, e che ho trovato la parte finale un po' noiosa. Sono contenta di aver finito, ho anche impiegato un bel po' per leggerlo. Nel complesso mi è piaciuto, lo ribadisco, ma mi sa tanto che mi fermo qui. L'idea di leggere il resto della saga un po' mi stanca.

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